La riflessione prende spunto dalle mie esperienze personali con l’intento di indagare i legami che possono intercorrere tra le astrazioni del linguaggio e gli effettivi svolgimenti del vivere quotidiano.
Partendo dalla definizione del termine natale data dal dizionario mi sono posto alcune domande senza obbligo di risposta seguendo uno schema casuale, dettato dall’ordine dei miei ricordi riguardanti il periodo che precede e di poco segue il Natale.
natale [na-tà-le] s.m. 1 giorno della nascita; anniversario del giorno della nascita 2 Natale, festa liturgica ricorrente il 25 dicembre per ricordare la nascita di Cristo: vacanze, auguri di Natale; fare Natale in famiglia, sulla neve, trascorrerlo, festeggiarlo ¶ Lat. natāle (m) ‘natalizio, concernente la nascita’, deriv. di nāsci ‘nascere’.
Che cosa rappresenta il vocabolo natale?
La ricorrenza è pienamente rappresentata dalla definizione? e la parola può avere in sé un significato più grande della festività?
Per stimolare lo svolgimento del discorso ho subito introdotto una provocazione, che non ha trovato ostacoli nel sorgere: si può considerare Natale come un trademark?
Un nome vuoto, come se non avesse in sé alcun significato, che distingue la festività dalle altre in calendario, riducendola così a “una delle”, e non traduce più i propri caratteri distintivi in tradizione ma viene essa tradotta in oggetti, quelli sì, ormai tradizionali. È il titolo che si da’ ad un periodo dell’anno, un titolo da riempire di gadget: la ricorrenza acquista nuovi caratteri, dalla simbologia rituale all’oggettistica simbolica. Il Natale come evento da spremere per produrre oggetti, ma non solo: slogan studiati per l’occasione invitano a modelli di comportamento che diventano essi stessi distintivi e caratteristici, orpelli di un concetto da tradurre alla massa; motivo orecchiabile, mascotte simpatica (meglio se con frase ad effetto). La campagna pubblicitaria ha inizio.
E quindi arrivo a chiedermi quanto il natale sia cambiato, quanto il periodo che viviamo annualmente è corrisposto dalla definizione che si da’ di esso? e, infine, per quale sua peculiarità, più delle altre, noi aspettiamo il Natale?
Quanto incide sul nostro modo di viverlo la veste puramente commerciale che si da’ ad esso? In quale diversa forma lo vivremmo se non fossimo assoggettati alle modalità di publicizzazione di un evento del terzo millennio?
Se dunque ero partito ragionando sul fatto che il concetto astratto del natale che può essere pensato non potesse corrispondere di fatto al Natale, che trova espressione concreta nei comportamenti quotidiani, ora sono portato a supporre che l’aspetto materiale della ricorrenza non sia più solamente la traduzione di un’idea ma che a sua volta condizioni o quasi interamente sostituisca la rappresentazione mentale che della festività si concepisce.
Ammesso che non si sia di fronte ad una sorta di complementarità tra aspetto interiore e quello più tangibile del vivere il periodo natalizio, ma si assista ad una sotterranea ed inesorabile contaminazione e modificazione per arrivare ad una inconsapevole sostituzione del sentimento originario promotore, a mio avviso, di qualsivoglia ricorrenza spirituale, si può così pensare che esso sia oggi in buona sostanza compromesso, senza più resistenze, direttamente dalla materialità che contraddistingue in questo periodo storico le feste, le ricorrenze, le tradizioni, queste ultime svuotate dei significati originari, ora mutati, e delle quali rimane soltanto il nome.
Simone Monsi
simonemonsi@ymail.com
www.myspace.com/simoemme
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Il Natale e le festività sono ormai trascorse e in qualche modo sono felice di scrivere solo ora a proposito di questo tuo pensiero.
RispondiEliminaLa parola "natale", nella mia mente, richiama immediatamente quello che è lo spirito del Natale, il desiderio che si inizia a coltivare già settimane prima del 25 dicembre. L'attesa del momento.
Natale non è un giorno e non è una parola, ma è l'insieme di quello spirito, quel clima e quell'emozione che si provano (specialmente) durante l'attesa del Natale.
A me il Natale piace moltissimo. Non solo da piccolo credevo a Babbo Natale, ma continuo a crederci adesso. Intimamente, fin da piccolo ho sempre intuito la fiaba, la leggenda che si nasconde dietro al Natale, ma questo non mi ha mai impedito di continuare a crederci. E continuo a farlo perché è qualcosa di bello, qualcosa da coltivare e tramandare.
La commercializzazione del Natale è diventata meno invasiva rispetto ad alcuni anni fa. I regali di Natale non vengono più comprati perché a Natale vanno comprati dei regali, ma perché alcuni sono così belli che incrementano la gioia e la bellezza di quei giorni.
Ognuno ha una propria idea del Natale. Se ci si impegna perché sia un bel momento, allora lo sarà e ci si potrà godere di tutta la sua magia.
Nicola Munari